Il punto della situazione

La volta scorsa abbiamo parlato della capacità di innescare un circolo virtuoso per il quale da un evento frustrante, attraverso la resilienza, possiamo risolvere un problema incrementando l’autostima. Una più salda autostima e valore di sé ci prepareranno ad affrontare il problema successivo e la ripetizione di questo ciclo sviluppa e accresce la nostra concezione di noi stessi come efficaci risolutori di problemi, con arnesi sempre più numerosi e specifici nella nostra “cassetta degli attrezzi interna”.
Quanto lo sport ci sottoponga a tale esercizio è fuori dubbio.

Ma come possiamo affrontare un evento sportivo avverso e usare la nostra resilienza al meglio per trasformarlo in opportunità di crescita?

Condivisione emotiva per attutire il colpo

Innanzitutto dobbiamo distinguere il target: bambini e giovani adulti hanno livelli di sviluppo e abilità diverse non solo fisiche, bensì soprattutto psicologiche.
Inoltre i vari sport hanno caratteristiche che sollecitano l’atleta in modo altrettanto variabile. Concentriamoci sul basket.
Essendo uno sport di squadra il basket offre un ambiente relazionale particolare dove si svolgono dinamiche di gruppo capaci di modificare di molto la reazione individuale ad un evento. Riprendendo masochisticamente l’esempio della sconfitta presentato nella 1° puntata, il potere del gruppo nella condivisione emotiva della frustrazione e della delusione può sia facilitare che ostacolare l’elaborazione dello stato emotivo provato: se il gruppo è coeso, se comunica emotivamente in modo empatico ed efficace, e se i leaders emotivi possono svolgere agevolmente la loro funzione, allora quel potere risulta uno spazio collettivo in cui il singolo può regolare ed elaborare le proprie emozioni. Se il gruppo è formato da elementi disconnessi tra loro allora l’elaborazione emotiva non potrà che rimanere nelle mani di ognuno che dovrà cavarsela da sé.

Resilienza, risorse a disposizione della squadra!

Dopo l’elaborazione emotiva si entra nella seconda fase in cui è necessario utilizzare l’evento per stimolare una crescita del gruppo: il passo resiliente. Questo è il momento in cui è più utile l’intervento dell’allenatore e/o dei leader operativi della squadra, coloro che hanno una naturale capacità di organizzare, ideare strategie, pianificare azioni che possono accompagnare la squadra, attraverso l’agire, verso una integrazione dell’evento in una cornice temporale.

Ciò significa attraversare l’oggi, con il suo carico di tristezza, rabbia e delusione, per proiettarsi nel domani, permettendo ad altre emozioni di accompagnarsi alle prime, come speranza, aspettativa positiva, desiderio di mettesi di nuovo in gioco per migliorarsi.
Sul piano emotivo si passa dalla predominanza della frustrazione all’emergere di altre emozioni che dispongono all’azione del rialzarsi dopo la dolorosa caduta.
Tutto ciò sul piano gruppale.
Sul piano individuale il meccanismo è simile: ognuno dentro di sé deve darsi il tempo di digerire il colpo (elaborazione emotiva) per poi cominciare ad attivare le proprie risorse per ripartire, mettendosi in gioco di nuovo. Se nel gruppo possiamo identificare persone specifiche che assumono questi ruoli, nell’individuo possiamo trovare delle singole abilità o caratteristiche che assolvono a queste funzioni.

La resilienza come abilità in via di sviluppo

Se i ragazzi/e possono avere maggiori strumenti per orientarsi in questo complesso sistema, i bambini/e non hanno lo stesso livello di sviluppo e devono essere supportati dagli adulti: allenatori e genitori insieme.
I genitori possono aiutare i bambini/e nella fase dell’elaborazione emotiva, stando loro vicino, ascoltando quello che hanno da dire, abbracciando, attivando una comprensione empatica di ciò che stanno provando.

Ma possono supportare anche la fase resiliente, sollecitando le competenze del bambino/a alla soluzione dei problemi, facilitando la sua elaborazione in funzione di un miglioramento, fare appello alle sue peculiari capacità personali.

Conclusioni

Non esistono parametri su cui poter valutare come procedere in questo passaggio: ogni persona ha i suoi tempi e una conformazione interna unica e non replicabile. È la conoscenza che i genitori hanno dei propri figli, dei loro punti di forza e punti debolezza, della personalità e del carattere che possono fare da guida per orientarsi, cercando di stimolare gli arnesi più adatti nella cassetta degli attrezzi dei figli, che impareranno poi a padroneggiare in modo autonomo con la sperimentazione quotidiana.

Il compito è arduo, complesso e in continuo mutamento così come lo sono gli stessi bambini/e che crescono: l’unica è osservare, osservare, osservare. Tentare di tenere il passo e infine tentare di comprendere, senza mai dare per scontato niente.

Buona fortuna, ce n’è bisogno!

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